Il premier Mario Draghi, in visita a Washington dal Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden, ha ribadito la necessità di chiedere alla Russia lo sblocco delle spedizioni di cereali dai porti ucraini. Stando infatti a quanto stimato dalla Coldiretti, che ha commentato positivamente le parole del premier, nei porti ucraini sarebbero bloccati – a causa del conflitto che ancora imperversa soprattutto nel sud del Paese e nel Donbass, ormai quasi totalmente nelle mani di Mosca – ben 200 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale destinati all’Italia.

Mais in stallo nei porti ucraini. Le ricadute sono globali

L’Ucraina è uno dei principali produttori e rappresenta il 10% del commercio mondiale di frumento tenero destinato alla panificazione ma anche il 15% del mais per gli allevamenti. Il fermo delle spedizioni – denuncia la Coldiretti – nei paesi ricchi genera inflazione e mancanza di alcuni prodotti ma in quelli poveri allarga l’area dell’indigenza alimentare con il rischio di carestie in Africa e in Asia. Una emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia peraltro che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 13% (770 mila tonnellate all’anno), ma garantisce anche il 3% dell’import nazionale di grano secondo lo studio Divulga.

Deficit nazionale e ruolo dell’UE

Il deficit nazionale peraltro non sarà colmato con le semine di primavera in Italia con un aumento stimato delle produzioni che riguarda la soia (+16%), il girasole (+5%) e solo marginalmente il mais (+1%) sulla base dell’analisi di Coldiretti sull’ultimo “Short term outlook” della Commissione Ue che evidenzia peraltro che pero’ complessivamente l’Europa nel suo complesso produce ben il 93% del mais di cui ha bisogno.

Un dato che conferma l’importanza di garantire il libero mercato e la solidarietà all’interno dell’Unione Europea per affrontare l’emergenza con gli allevatori italiani che – sottolinea la Coldiretti – devono infatti subire già incrementi di costi pari al 57% secondo il Crea che in molti casi superano i prezzi alla stalla. Oltre all’Ucraina, infatti, tra i principali fornitori di mais dell’Italia ci sono infatti la Slovenia 13% (780 mila tonnellate) e l’Ungheria 30% (1,85 milioni di tonnellate) contro la quale – riferisce la Coldiretti – si è da poco pronunciata la Commissione europea per evitare misure protezionistiche a danno del mercato interno europeo.

Dal canto suo, il presidente della Coldiretti Ettore Prandini ha ribadito ancora una volta la necessità di lavorare sugli accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali. A tal proposito, secondo Prandini, occorre investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane

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