No, non è un errore di battitura: quello che è comparso nel titolo di questo articolo si legge esattamente ‘agvoltaico’, e non agrivoltaico. Un vocabolo, quest’ultimo, passato alla ribalta della cronaca con la pubblicazione del bando ‘Parco Agrisolare’, uno dei tasselli del PNRR per il settore primario. Ma che ha a che fare solo in parte con la pratica dell’agvoltaico, una nuova tecnica che permette di coltivare e, al contempo, generare energia. Come? Tramite un ingegnoso sistema di tubature in cui vengono coltivate microalghe dall’elevata capacità fotosintetica e dal cospicuo valore commerciale (da 100 a 600 €/kg).

Si tratta di un progetto avviato presso il Centro Ricerche di Portici (Napoli), in collaborazione tra Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e Enel Green Power. In sostanza, questo primo impianto prototipale è in grado di abbinare energia elettrica da fotovoltaico con la produzione di microalghe per uso alimentare, cosmetico e farmaceutico. L’impianto ‘algovoltico’ in questione può raggiungere una produzione annua di circa 30 chilogrammi di alghe essiccate a fronte di una superficie dei moduli di 40 mq e una potenza di 7 kWp (kilowatt picco). Il sistema di coltura, tra l’altro, è completamente automatizzato e integrato con l’impianto fotovoltaico.

Agvoltaico, una nuova frontiera per la produzione di energia sostenibile

“I vantaggi dell’approccio adottato sono molteplici”, ha esordito Carmine Cancro, ricercatore del laboratorio ENEA di Smart grid e reti energetiche presso il Centro Ricerche di Portici. “Innanzitutto le alghe consentono di sfruttare l’energia proveniente dal sole meglio delle colture tradizionali poiché hanno una maggiore efficienza fotosintetica; inoltre, hanno elevato valore ambientale in quanto consumano anidride carbonica trasformandola in biomassa tramite fotosintesi e rilasciando ossigeno puro in atmosfera. Non ultimi gli aspetti pratici, come il fatto che la soluzione tecnologica sviluppata ben si presta anche a interventi di ‘retrofit’ di impianti fotovoltaici esistenti”.

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In sintesi, le microalghe crescono in una soluzione acquosa che scorre all’interno di fotobioreattori, tubi trasparenti in vetro non esposti direttamente al sole, ma collocati sotto i moduli fotovoltaici, organizzati in due schiere verticali parallele e collegati tra loro in modo da creare una serpentina continua in cui circola il fluido. Grazie alla fotosintesi innescata dall’energia solare e al conseguente assorbimento dell’anidride carbonica, le microalghe crescono all’interno della soluzione fino a quando non raggiungono una densità e uno stato di maturazione tale da poter essere raccolte, attraverso una potente centrifuga che le separa dall’acqua.

I team di Enea e Enel contribuiranno anche alla valutazione delle prestazioni e della scalabilità dell’applicazione integrata su impianti di grandi dimensioni. Il layout di integrazione dell’impianto microalgale potrà assicurare i migliori risultati in termini di resa produttiva, sulla base delle specifiche di progetto dell’impianto fotovoltaico, sistema fisso con moduli mono e bifacciali; la sperimentazione è stata avviata nel mese di settembre, in collaborazione con il Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II.

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