Lo scontro tra Unione Europea e Ungheria, dopo l’avvio del meccanismo che dovrebbe sospendere i fondi comunitari per la violazione dello Stato di diritto, si è complicato ulteriormente. La Commissione europea ha infatti formalmente chiesto al governo ungherese, guidato dal primo ministro Viktor Orbán (recentemente rieletto con il suo partito nazional-conservatore Fidesz), di ritirare il provvedimento che a inizio marzo aveva introdotto rigide misure protezionistiche sul commercio dei cereali, andando a limitare pesantemente le loro esportazioni a causa delle turbolenze che avevano travolto il mercato (a rischio speculazioni) dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina.

Nella lettera firmata dai commissari UE all’Agricoltura e al Mercato Interno – evidenzia Confagricoltura – si sottolinea che le misure varate, in sintesi la preventiva autorizzazione delle autorità statali, hanno l’effetto di un vero e proprio bando alle esportazioni. Secondo i dati della Commissione, l’Italia importa annualmente dall’Ungheria circa un milione di tonnellate di grano tenero e 1,5 milioni di tonnellate di mais.

Cereali, la misura ungherese viola le regole del mercato unico europeo

Oltre ad infrangere le regole del mercato unico, viene rimarcato nella missiva dell’UE, il decreto varato dall’Ungheria è immotivato anche sotto il profilo strettamente economico. Con una produzione di grano tenero e mais che ammonta ad oltre 200 milioni di tonnellate, l’Unione è tra i principali esportatori di cereali a livello mondiale. “Grazie ad una politica agricola comune (PAC) finora orientata sulla produzione e sulla competitività delle imprese, – dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – i rifornimenti per i cittadini europei continuano ad essere assicurati, anche se dobbiamo fare i conti con un aumento senza precedenti dei costi che, senza adeguati interventi da parte della UE e del governo, può limitare i cicli produttivi”.

“L’Unione europea ha anche una responsabilità in termini di sicurezza alimentare nei confronti dei Paesi meno avanzati – prosegue Giansanti – In un recente rapporto del WTO si rileva che in Africa e nel Medio Oriente le importazioni di grano da Ucraina e Federazione Russa coprono il 50% del fabbisogno di cereali. In alcuni Paesi africani già si registrano aumenti dei prezzi per i cereali tra il 50 e l’80%. Quasi la metà del grano gestito dal Programma alimentare mondiale della FAO arrivava dall’Ucraina”.

“Senza un programma straordinario di aiuti, c’è il rischio di una crisi alimentare su scala internazionale che avrebbe pesanti conseguenze di ordine sociale e sul fronte dell’immigrazione clandestina” – conclude il presidente di Confagricoltura.

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