L’approvazione del DEF da parte del Governo – su cui già si stanno riversando le critiche di alcune sigle sindacali per aspetti legati al cuneo fiscale e al mondo del lavoro – per Confagricoltura ha rappresentato l’occasione ideale per fare il punto sulle proposte che potrebbero portare benefici al settore primario. Alla luce di un quadro economico generale che resta incerto, nonostante le previsioni positive su pil e su occupazione inserite nello stesso DEF alla luce di quanto riportato dagli istituti statistici. Sono due le scuri che ancora gravano sul Sistema Paese con più intensità: da una parte le tensioni geopolitiche (guerra in Ucraina in primis), dall’altro il rialzo dei tassi di interesse che incrementano crisi nel sistema bancario internazionale.

Senza dimenticare che, al di là dell’approvazione del Documento di Economia e Finanza, nel 2022 la produzione agricola italiana si è ridotta dello 0,7%, con le coltivazioni contrattesi del 2,2%, con riflessi sui prezzi al consumo che ha avuto picchi del 12,9% a ottobre e del 15,5% nel febbraio scorso per i prodotti alimentari lavorati. Un’inflazione galoppante che non intende venire meno, nonostante le contrazioni dei prezzi dell’energia, che tanto avevano gravato sui prezzi lo scorso anno.

Confagricoltura, tra prezzi della filiera e credito d’imposta 4.0

Confagricoltura è scesa in campo tramite le parole del direttore generale Annamaria Barrile, che è intervenuta durante l’audizione sul DEF dinanzi alle Commissioni congiunte Bilancio del Senato e della Camera. Per Barrile occorre “rafforzare la posizione negoziale dei produttori agricoli nella fase di formazione dei prezzi nella filiera agroalimentare in modo che il prezzo riconosciuto ai produttori agricoli sia allineato sui costi di produzione.

“Per contrastare la volatilità dei prezzi e garantire un maggior equilibrio nella catena alimentare – ha proseguito – in diversi Paesi europei questo meccanismo è stato fissato a livello legislativo mostrando risultati estremamente positivi anche in fasi con elevata inflazione, come l’attuale. In questo contesto risultano essenziali quelle misure in grado di garantire la tenuta delle imprese. Preoccupa, pertanto, l’assenza di interventi di correzione delle aliquote di agevolazione sul credito d’imposta Transizione 4.0, ancora dimezzate rispetto al 2022”.

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La richiesta di Confagricoltura è di ripristinare le aliquote del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali al 40% (beni strumentali 4.0), auspicando allo stesso tempo un più generale riconoscimento dell’agevolazione anche per altre tipologie di beni. Con riferimento all’estensione delle disposizioni per l’acquisto di carburanti per l’esercizio dell’attività agricola e della pesca, estesa anche alla spesa sostenuta per l’acquisto del gasolio e della benzina utilizzati per il riscaldamento delle serre e dei fabbricati produttivi adibiti all’allevamento degli animali, il DG di Confagricoltura ha suggerito “il mantenimento della misura fino a una stabilizzazione dei prezzi europea e il riconoscimento, anche per il settore agricolo, dei crediti d’imposta per i carburanti per i trimestri successivi al primo del 2023, utile soprattutto in assenza di una traccia comunitaria sulla gestione dei prezzi energetici”.

“Ribadiamo infine la richiesta di inserire il settore primario all’interno della categoria dei comparti energivori, – ha concluso Barrile – per tutelare maggiormente le imprese agricole in questo periodo critico, a vantaggio anche delle famiglie. Resta fondamentale, infatti, intraprendere un’azione di contrasto al caro bollette, anche tenendo conto dei modelli già adottati da altri Stati membri nostri principali concorrenti (Francia, Germania, Spagna) e, soprattutto, delle relative tempistiche di adozione”.

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