32,8 milioni: a tanto ammonterebbero le tonnellate di grano che, a causa della rottura dell’accordo tra Russia e Ucraina, verrebbero a mancare sul mercato mondiale, con gravissime ripercussioni sui paesi in via di sviluppo che più di altri dipendono dalle esportazioni delle navi cargo in partenza dal Mar Nero. Un numero impressionante, emerso dall’analisi Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga (a cui si affiancano anche gli ammanchi di mais o olio di girasole), che mette nero su bianco la drammaticità del momento storico.

Secondo la Coldiretti la decisione del Cremlino sarà destinata a sconvolgere i mercati mondiali per il peso della produzione cerealicola dell’Ucraina. Nell’ultimo anno, infatti, a beneficiare dell’accordo sono state nell’ordine la Cina (24%), la Spagna (18%), la Turchia (10%) e l’Italia (6%). Ma l’intesa è stata importante soprattutto per fronteggiare il pericolo carestia in ben quei 53 Paesi dove secondo l’Onu, la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione.

Un pericolo quindi anche per la stabilità politica proprio mentre si moltiplicano le tensioni sociali ed i flussi migratori, anche verso l’Italia. Tematica, quest’ultima, che proprio in questi giorni sta tenendo banco tra gli scranni di Bruxelles, dove sta per essere approvato un pacchetto di aiuti che si affiancherà a quelli previsti dall’FMI per potenziare le strategie di gestione migratoria dei paesi di partenza, nel Maghreb.

Potrebbe interessarti

Grano, prima lo stop dell’accordo poi il bombardamento del porto

La stop dell’accordo è arrivato nella mattinata del 17 luglio 2023, a un anno dal patto Onu stretto nel luglio del 2022 tra Ucraina, Turchia e Russia per favorire il transito delle merci nei tre porti sul mar Nero di Chornomorsk, Yuzhny e Odessa, ovvero gli scali in cui ero bloccate le navi cargo in cui era stoccato il grano, che rischiava di marcire e di provocare, oltre a un ulteriore crisi economica, anche una più grave crisi umanitaria. La scelta di uscire dal patto sul grano segue di poche ore il bombardamento da parte ucraina del ponte che collega la Russia continentale alla penisola di Crimea.

Anche se un fatto sembra la diretta conseguenza dell’altro, nella giornata di ieri il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha precisato che la scelta di uscire dall’accordo era maturata dai vertici russi ben prima dell’episodio del ponte. Nel frattempo, nella notte del 18 luglio, le forze russe, in base a quanto riportato dal ministero della Difesa citato da Ria Novosti (l’agenzia di stampa nazionale), hanno lanciato un massiccio attacco alle infrastrutture del porto di Odessa dove, secondo le fonti di intelligence russe, stavano per essere preparati altri attacchi con imbarcazioni senza equipaggio.

In primo piano

Articoli correlati