Durante la nostra visita alla fiera di Konya in marzo abbiamo incontrato lo staff dirigenziale di Hattat, uno dei brand più affermati in patria e orientati all’export anche verso Occidente grazie alle nuove gamme omologate Stage V. Il ramo trattoristico si inserisce in una holding famigliare molto più ampia, attiva dal 1973 nei comparti dell’industria automobilistica e delle macchine per le costruzioni, oltre che in quello minerario, energetico e immobiliare con un totale di 3.100 dipendenti.

Tra i brand outsider a caccia di un posto ‘al sole’, che in questo caso è rappresentato dai ‘ricchi’ mercati europei, i marchi turchi – tra cui spicca Hattat – sono quelli sicuramente oggi più intraprendenti e attrezzati, grazie a capitali ingenti investiti e ad attività diversificate. L’industria turca del trattore si piazza oggi al quarto posto mondiale per numero di unità prodotte, dietro a India, Cina e Stati Uniti.

Ciò grazie sicuramente alla richiesta mercato interno che pur essendo molto ‘ballerino’ riesce a recepire fino a 80 mila unità all’anno (dati 2023), ma anche alla crescita dell’export che è aumentato del 95 per cento dal 2017 al 2022. Estendendo l’analisi all’intero comparto della meccanizzazione agricola, la produzione turca vale oggi 4,2 miliardi di dollari (quella italiana si aggira sui 6,5 miliardi di euro) con le esportazioni che rappresentano 1,5 miliardi di dollari.

Hattat, tutto ebbe inizio negli anni ’70

L’epopea trattoristica ha origine nel 1976 quando la famiglia si specializza come fornitore di trattori e componentistica per OEM e inizia a produrre su licenzia con Ford, poi con Universal Tractor, Ursus e Valtra. Nel 2002 nasce il sito produttivo di Hattat Holding, uno dei più grandi della Turchia, insediato a Çerkezköy, Tekirdag, che oggi vanta una superficie coperta di 181 mila metri quadrati e di 370 mila metri quadri di ulteriore area di produzione all’aperto.

All’interno anche lo stabilimento Hattat Tractör che ha una capacità massima annua di 22.500 unità e affianca altri undici poli, inclusa una fonderia per blocchi motore, assali, frizioni, scatole della trasmissione e coppe dell’olio, di Hema Industries, consociata del gruppo Hattat specializzata nella realizzazione di componenti. Nel 2007 nasce il proprio marchio di trattori ma non cessa la produzione conto terzi che si focalizza su componenti idrauliche, motoristiche, drive line e assali sia off road che automotive, grazie agli stabilimenti dedicati in Turchia e in India.

L’Hattat T4105, uno dei modelli più potenti all’interno del listino del produttore turco

Tra i principali clienti figurano John Deere, CNH Industrial, Caterpillar, Perkins Agco, Ford, Carraro Agritalia e Mercedes. Ma l’ambizione del brand che nel 2023 ha prodotto circa 8 mila trattori a marchio Hattat di cui 3.500 destinati al mercato interno è quella di crescere ulteriormente all’estero dove già è presente in 85 Paesi con l’obiettivo di raggiungere un ruolo di player di primo piano a livello globale spingendo soprattutto in Nord America e in Europa con consegne delle nuove gamme Stage V in Francia, Germania, Portogallo, Spagna, Slovenia, Austria, Polonia, Ungheria e anche in Italia, dove è in allestimento la rete di vendita.

Una gamma stratificata

Dalla propria Hattat ha sicuramente un know how interessante visto che produce in proprio, oltre ad esportarla, praticamente tutta la componentistica dei trattori fatta eccezione per il motore, ambito in cui la scelta è ricaduta dal 2022 su FPT Industrial con i 4 cilindri delle serie F28 ed F36 assolutamente in regola con lo Stage V richiesto in Europa. Ma diamo un’occhiata più da vicino alla gamma Hattat. I modelli d’attacco sono il 240 G e il 255 G, piattaformati interamente meccanici caratterizzati da un look a dir poco retrò (presenti nell’immagine di apertura) con potenze di 50 e 58 cavalli.

Subito sopra, sempre con design amarcord e cambio meccanico 12 + 12, ma stavolta cabinati ecco il 260 G e il 280 G da 68 e 85 cavalli. Tocca poi ai sei modelli della serie Classic Field ancora una volta super squadrati con potenze da 68 a 122 cavalli, stesso cambio fino a 24 marce in entrambi i sensi, arco di protezione o cabina climatizzata. Nuovo design in linea invece con i moderni canoni estetici europei per la serie 3000 nelle varianti B e C per vigneto e frutteto. La prima per frutteti e vigneti copre le potenze dai 58 ai 122 cavalli con trasmissioni ancora interamente meccaniche e arco di protezione, mentre la seconda offre la versione ribassata e la possibilità di montare la cabina chiusa.

Infine, la serie di punta del brand ovvero la gamma T 4000 composta da sei modelli di utility tra i 68 e i 122 cavalli, sostanzialmente gli stessi della serie Classic Field ma caratterizzati da un look moderno e da maggiori dotazioni tecnologiche per due modelli di punta da 113 e 122 cavalli che guadagnano in optional l’Hi-Lo e l’inversore elettroidraulico. Insomma un’offerta basata sulla semplicità costruttiva e sull’affidabilità oltre ovviamente a un’accessibilità a livello di prezzi che si prospetta sicuramente allettante per piccole aziende che necessitano di macchine basiche e facilmente riparabili.

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