L’uscita dalla pandemia, anche se lenta, ha scaturito una decisa ripresa dell’economia mondiale, specialmente per quanto riguarda i settori industriali. Non fa eccezione la meccanizzazione agricola che sta vivendo una forte impennata della domanda di macchinari. Su tutti il trattore che solo nel primo trimestre ha fatto segnare in Italia una crescita del 57,7 per cento rispetto al primo trimestre dello scorso anno, con quasi 6 mila unità immatricolate, enfatizzata dagli sgravi fiscali sull’acquisto di mezzi 4.0.

Al galoppo anche tutte le altre tipologie di macchine e attrezzature destinate al comparto, lasciando presagire un 2021 da incorniciare almeno a livello di consegne e fatturati. Purtroppo c’è un rovescio della medaglia che sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti, ovvero una sorta di ‘tempesta perfetta’, generata dal forte aumento di prezzo delle materie prime causato proprio dal boom di richiesta.

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Con la crisi delle materie prima è a rischio la ripresa globale

Il tanto atteso rimbalzo dell’economia dopo il crollo legato alla pandemia è minacciato dalla carenza di componenti. Una emergenza trasversale a diversi settori, dal legno all’arredo, alle costruzioni fino ai macchinari industriali. L’allarme arriva direttamente dai costruttori che vedendo lievitare i prezzi delle materie prime e temono un annullamento dei margini oltre a inevitabili ritardi sulle consegne.

Da marzo di quest’anno, fa notare il CEMA (l’associazione europea dei produttori di macchine agricole) l’inflazione è cresciuta notevolmente in tutti i paesi industrializzati, in particolare negli Stati Uniti, dove ha raggiunto il 4,24 per cento ad aprile, il valore più alto dal 2008, sui livelli dei primi anni 90 per intenderci. Sebbene l’aumento generale dei prezzi in Europa non abbia ancora raggiunto tali vette, esiste un rischio assai fondato, oltre che confutato dagli studi statistici di Eurostat, che l’inflazione acceleri nelle prossime settimane proprio a causa del forte aumento dei prezzi delle materie prime che è stato osservato di recente. I prezzi dell’energia sono aumentati del 13 per cento, su base annua, in un solo mese e ciò si rifletterà inevitabilmente sui costi di produzione e sui prezzi al consumo.

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Crisi delle materie prime, su tutti l’acciaio

E se parliamo di meccanizzazione agricola l’aumento dei prezzi delle materie prime non riguarda solo l’energia ma tutti i beni di prima necessità per la produzione di attrezzature. Basta guardare l’andamento dell’acciaio il cui prezzo è più che raddoppiato in un anno, passando da 550 a 1.250 euro a tonnellata. I rincari sono particolarmente elevati per i laminati (Hrc e Crc) cresciuti rispettivamente del 70-80 per cento rispetto ai livelli pre Covid. L’acciaio, a seconda del tipo di attrezzatura, rappresenta dal 30 al 40 per cento del costo medio di produzione.

In aumento anche i prezzi di tutti i prodotti derivati dalla chimica del petrolio, come il caso della plastica ST, molto utilizzata dai costruttori di macchine agricole, i cui prezzi sono aumentati del 70 per cento in sei mesi. Anche i metalli non ferrosi come l’alluminio e il rame risentono fortemente di questo aumento generale dei prezzi, con il prezzo dell’alluminio che è aumentato del 50 per cento dall’aprile 2020.

«È in atto – commentano dal quartier generale del CEMA – una chiara tendenza inflazionistica al rialzo per tutti i materiali chiave negli ultimi 9 mesi, in particolare per i prodotti di fonderia (più 90 per cento), rame (più 63 per cento) e gomma naturale (più 36 per cento)». E a questo quadro va aggiunta la profonda crisi dei componenti elettronici che da marzo ha colpito tutti i settori. Sebbene la produzione sia tornata ai livelli pre-pandemia, l’impennata della domanda di veicoli elettrici, elettrodomestici e telefoni cellulari ha creato una carenza di approvvigionamento, con conseguente aumento dei costi lungo tutta la catena del valore e, in alcuni casi, ritardi nella produzione.

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Gli effetti sulla logistica

«Nella fabbricazione di un trattore – fa presente FederUnacoma (la federazione dei costruttori italiani) – si contano in media 1.700 componenti, che sono per il 75 per cento derivati dal ferro (ghisa, acciaio, tubi metallici), a cui si aggiunge un ulteriore 5 per cento di altri metalli come il rame. La componente metallica copre dunque circa un 80 per cento del totale dei materiali utilizzati per fabbricare un trattore. Della parte restante oltre il 10 per cento è coperto da materiali plastici (rivestimenti cabina, protezioni, coperchi, tappi) e circa un 5 per cento da polimeri gommosi (tubi, anelli di tenuta, guarnizioni)».

E poi c’è tutto il capitolo della logistica, anch’essa fortemente perturbata dalla ripresa inaspettata. I prezzi per i container sono triplicati negli ultimi mesi da 2.500 a 7.500 dollari e si sommano alla carenza di navi. Ciò comporta inevitabilmente costi aggiuntivi e ritardi nell’importazione di parti e accessori dall’Asia all’Europa. In questo contesto il CEMA si augura che la revoca di tutte le misure restrittive commerciali sulle importazioni di acciaio e alluminio nell’Unione Europea, annunciata per la fine di giugno, li miterà l’aumento dei prezzi dell’acciaio sia per i produttori che per i consumatori.

I dazi peggiorano la situazione

La situazione in Europa è infatti aggravata dalle ‘misure di salvaguardia’ previste dalla legislazione europea, che impongono l’applicazione di dazi del 25 per cento quando vengono superati i limiti di import di acciaio da Paesi extra Ue. Togliere questi dazi sarebbe una misura necessaria sul breve termine, mentre sul lungo periodo andrebbe incentivata la reindustrializzazione in Europa, accorciando le filiere delle commodity.

Sarebbe infatti un paradosso se questo tanto atteso momento di ‘euforia’ dell’industria della meccanica agricola caratterizzato da una forte crescita della domanda in tutti i principali mercati del Continente mettesse a rischio la capacità produttiva delle case costruttrici. Bisognerà riflettere sull’opportunità di riavviare in Europa produzioni che mancano da anni. Gli stessi governi dovrebbero prendere in considerazione l’opportunità di incentivare la ricostruzione di intere filiere, come d’altronde è stato fatto per le mascherine.

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