Fiore all’occhiello della strategia Clean Energy Leader di New Holland Agriculture, intrapresa ormai da più di 15 anni con l’obiettivo di accrescere l’efficienza e la sostenibilità dell’agricoltura, e fulcro del progetto Energy Independent Farm, mirato all’indipendenza energetica delle aziende agricole, il trattore New Holland T6.180 Methane Power è diventato una realtà finalmente tangibile l’anno scorso, con l’inizio della produzione di serie e della sua commercializzazione.

Del tutto e per tutto identico all’omologa versione con motore diesel con cui condivide lo stesso design, le stesse geometrie del telaio (dalle dimensioni all’interasse) e la stessa trasmissione powershift Electro Command a 16 rapporti in entrambi i sensi di marcia, il T6 MP è però un prodotto radicalmente diverso: «Soprattutto cambia l’utente a cui è rivolto questo trattore, cambia il modo di vivere e di percepire il trattore» osserva Alessandro Zilli, Business manager Alternative Fuels di New Holland per il mercato Italia.

E cambia l’azienda agricola a cui il T6.180 MP è rivolto, non più solo proiettata alla produzione di cibo ma anche, al contempo, alla produzione di energia e alla riduzione dei Gas Serra. A rendere possibile questo cambio di paradigma è il motore, il 6 cilindri N67 Natural Power che nella versione a biometano ha l’accensione a scintilla, con una candela per ogni cilindro, e al posto del common rail ha un iniettore in prossimità dell’aspirazione in testa per ogni singolo cilindro.

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La centralina elettronica è specificamente mappata per il rendimento a ciclo Otto poiché l’approccio di questo motore esclusivamente monofuel, non come nella versione automotive che tradizionalmente è bifuel. Una progettazione che però è mirata ad avere curve di potenza e coppia in tutto e per tutto identiche a quelle dell’omologo diesel, per far si che nonostante la tecnologia completamente diversa, la tipologia di utilizzo, la resa e la dinamica delle prestazioni siano le stesse. La potenza massima con EPM è di 180 cavalli, mentre la coppia massima di 740 Newtonmetri si raggiunge a 1.500 giri motore, esattamente come per l’N67 alimentato a gasolio.

Altra differenza sostanziale è che col metano non ci sono più i sistemi di trattamento dei gas di scarico EGR SCR DPF, quindi niente urea e relativo serbatoio. I componenti del post trattamento sono sostituiti da un catalizzatore a tre vie di dimensioni contenute posizionato sotto al cofano, molto più compatto. Non dobbiamo dimenticare che passando da diesel a biometano la produzione di particolato è trascurabile, la produzione di Nox e decisamente inferiore, e in totale le emissioni sono l’80 per cento in meno rispetto a quelle fissate per l’omologazione Stage V.

I serbatoi per il biometano compresso a 200 bar sono simili in tutto e per tutto a quelli classici di diesel e urea, posizionati in corrispondenza delle scalette sui due lati del trattore. Col serbatoio opzionale posizionato anteriormente, la capacità di stoccaggio del biometano è di 79 chili, per un’autonomia in campo di circa 8 ore.

Alessandro Zilli (a sinistra) e Giovanni Giambi

Un trattore pronto per l’azienda agricola del futuro

Isobus compatibile, il T6.180 MP è anche predisposto per la guida satellitare. Impianto idraulico, portata, pressione, distributori sono le stesse della versione diesel, in modo che la possibilità di utilizzo con attrezzature e le prestazioni rimangano invariate. Noi l’abbiamo provato presso la cooperativa Agrisfera di Ravenna, azienda di 4.000 ettari totali con terreni coltivati a frutteti, vigneti e colture erbacee, compresi 1.250 ettari condotti in biologico per la produzione delle materie prime per l’alimentazione di 500 capi bovini in lattazione.

Dal 2011 Agrisfera produce anche biogas, in due impianti da 1 megawatt alimentati da insilati di cereali e da liquame e letame proveniente dalla stalla. «La produzione di biogas ha introdotto in agricoltura il concetto di sostenibilità, di economia circolare, di valorizzazione dei sottoprodotti – spiega il direttore di Agrisfera Giovanni Giambi -. Noi oggi produciamo materie agricole dai campi che servono all’alimentazione di questi impianti e all’alimentazione delle nostre bovine. Liquami e letame prodotti dalle bovine alimentano a loro volta gli impianti, e al termine del processo di produzione energetica utilizziamo il digestato come ottimo fertilizzante, che ci permette di sostituire buona parte delle concimazioni chimiche».

Il prossimo passo da compiere sarà la conversione a biometano. «Oggi abbiamo provato in azienda il New Holland T6 a metano che credo possa consentire ad aziende strutturate come la nostra di chiudere il ciclo. Con questa tecnologia New Holland ha aperto una strada: poter passare dal gasolio al biometano consente non solo di ridurre la produzione di CO2 nell’ambiente, con anche un possibile mercato delle emissioni che potrebbe essere valorizzato con l’introduzione dei certificati verdi, ma anche di rendere autonoma l’azienda dal punto di vista energetico e indifferente alla fluttuazione dei prezzi petrolio. In futuro un’azienda come la nostra potrebbe creare una comunità energetica nella provincia di Ravenna investendo essa stessa in trattori a metano e diventando un hub di distribuzione energetica per gli agricoltori della zona».

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