“Rischiamo di perdere il 30 per cento del raccolto dei cereali e i nostri vigneti sono rischio di malattie funginee per l’alternarsi di caldo umido e precipitazioni”. È lapidario il commento di Simone Solfanelli, direttore di Coldiretti Siena, in merito alle possibili conseguenze sull’agricoltura della zona meridionale della Toscana, causate dal clima ‘pazzo’ che da più di un mese sta flagellando l’Italia, con particolare intensità sulle zone appenniniche e del Centro. Sono state numerose, infatti, le giornate nell’ultimo mese con allerta meteo codice giallo (o peggio) della Protezione Civile per “rischio idrogeologico e idraulico del reticolo minore e per temporali”.

Toscana, i rischi per l’agricoltura con gli eventi climatici estremi

Un zona, quella della provincia di Siena, dove risiedono numerose eccellenze enogastronomiche etichettate IGP e DOP, e dove viene prodotto più di un terzo del grano della regione, con quantità che oscillano tra 1,5 e 2 mln di quintali all’anno. Le proiezioni elaborate dalla Coldiretti, proprio a causa dell’andamento altalenante delle precipitazioni, a cui seguono fasi di caldo siccitoso, vedono il serio pericolo di perdita di mezzo milione di quintali di grano duro. Un quantitativo enorme che, sommato alla situazione generale di tutta la Penisola, potrebbe acuire il malcontento che da giorni si respira nel settore, a causa del crollo delle quotazioni del grano duro.

Nelle rinomate zone della Valdelsa e della Valdichiana, in provincia di Siena, a essere colpiti non sono stati soltanto i cereali, ma anche l’ortofrutta e i soprattutto i vigneti tradizionali, dove la combinazione di siccità invernale e nubifragi primaverili, sostiene Coldiretti, “potrebbero favorire il proliferare di malattie come la peronospera, che porterebbe a un’inevitabile calo di produzione del vino”.

Gli interventi

Anche se le aziende agricole del territorio si sono già preparate da anni con teloni antigrandine, antisole, altri tipi di interventi, la sempre più frequente comparsa di eventi climatici estremi, come avvenuto con la tragica alluvione in Emilia-Romagna, rende praticamente inutili questi accorgimenti, che vengono spazzati via dalla violenza degli agenti atmosferici. Da qui l’urgenza di interventi per la realizzazione di invasi d’acqua e infrastrutture che possano aiutare gli agricoltori nei momenti di difficoltà e attutire i possibili danni dagli eventi climatici estremi.

Provocatorio il commento di Solfanelli a tale proposito.”Non capisco che senso abbia spendere un milione di euro per valutare lo stato di salute di una diga incompiuta da quaranta anni come quella di San Piero in Campo – afferma Solfanelli – quando la vera urgenza sarebbe creare una rete di piccoli invasi aziendali e interaziendali, per raccogliere quell’acqua piovana che ora si disperde all’80 per cento”.

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