Massey Ferguson è già pronta per il Data Act: apertura, interoperabilità e nuovi modelli di business
Abbiamo chiesto al marchio parte del gruppo AGCO quali strategie ha messo in campo per far fronte all'arrivo della nuova norma. Ecco quali sono

In vista dell’entrata in vigore del Data Act, Massey Ferguson — marchio del gruppo AGCO — conferma il proprio approccio aperto e interoperabile nella gestione dei dati agricoli. Con tecnologie già compatibili con standard come ISOXML e piattaforme come AgriRouter e AgIN, l’azienda punta su API, telemetria evoluta e modelli a sottoscrizione per favorire l’accesso ai dati e rafforzare i servizi digitali. Nessuna paura dei nuovi player tech: per AGCO la collaborazione è la chiave per creare valore condiviso nell’agricoltura del futuro.
L’articolo in cui sono approfondite le dinamiche del Data Act e in cui sono contenute le interviste agli altri costruttori è disponibile a questo indirizzo.
Come si sta preparando Massey Ferguson all’obbligo di rendere accessibili i dati delle sue macchine agli agricoltori e a terzi, secondo il Data Act?
Massey Ferguson, come parte del gruppo AGCO, ha da sempre adottato una strategia di completa apertura rispetto ai dati generati dalle macchine. I dati agronomici raccolti durante le attività in campo sono esportabili in formato ISOXML, uno standard non proprietario che consente la libera elaborazione da parte di software e gestionali di terze parti.
Anche sul fronte della raccolta e dello scambio dei dati tramite piattaforme cloud, il server AGCO è predisposto da tempo all’interoperabilità tramite API, permettendo connessioni sicure con sistemi esterni, Agrirouter ed oggi AgIn. Questo approccio era attivo già ben prima dell’introduzione del Data Act, e oggi possiamo contare su numerose integrazioni già operative.
Per quanto riguarda la telemetria tramite AGCO Connect, l’agricoltore può già oggi esportare report in base alle proprie esigenze. Inoltre, è nei piani a breve termine l’apertura di Connect anche tramite API, per estendere ulteriormente l’accessibilità dei dati e favorire l’integrazione con piattaforme di terze parti.
AGCO sta valutando un’evoluzione dei suoi modelli di business, anche in termini di licenze software o servizi dati, alla luce del Data Act?
Sì, stiamo progressivamente evolvendo verso un modello basato su abbonamenti (subscription), già adottato in parte per il trasferimento dati wireless. Questa transizione risponde all’esigenza di adeguare il modello di business ai tempi e alle reali necessità degli agricoltori, offrendo maggiore flessibilità e accessibilità.
Un modello a sottoscrizione rappresenta anche un incentivo all’adozione dei servizi digitali, poiché consente agli utenti di testare strumenti e funzionalità senza affrontare da subito investimenti importanti o vincolanti. A regime, questo approccio potrà costituire una nuova fonte di redditività, rafforzando il ruolo strategico del digitale nel business AGCO.
Temete che in futuro player extra-agricoli, come aziende tech, possano attrarre parte del valore aggiunto oggi legato alle macchine, ma in prospettiva sempre più legato ai dati?
Assolutamente no, non lo vediamo come una minaccia. Al contrario, crediamo ci sia spazio — e una reale domanda di mercato — per nuovi attori, professionisti e imprese che sappiano estrarre valore dai dati attraverso interpretazione, consulenza e strumenti decisionali.
I grandi OEM producono macchine e tecnologie, ma non possono (né devono) coprire tutto il panorama di esigenze dell’imprenditore agricolo: dalla contabilità alla tracciabilità, fino alla gestione burocratica. In questo senso, l’ingresso di nuovi player è una sinergia, non un rischio. Il valore aggiunto creato grazie ai dati può essere condiviso e moltiplicato, a beneficio dell’intero ecosistema agricolo.
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Qual è la vostra strategia rispetto a collaborazioni con fornitori di soluzioni terze? State già collaborando con piattaforme o start-up?
AGCO ha da sempre scelto una linea collaborativa e aperta nei confronti dell’ecosistema. Questo vale soprattutto per l’accesso ai dati agronomici, di guida e di utilizzo delle macchine. Siamo già compatibili con AgriRouter — lo standard europeo di scambio dati — e partecipiamo al progetto AgIN, volto a promuovere l’interoperabilità tra flotte miste e fonti eterogenee.
In generale, non ostacoliamo l’accesso ai nostri dati, anzi: incoraggiamo e supportiamo iniziative che semplificano l’integrazione tra sistemi, nella convinzione che la cooperazione tra attori sia la chiave per portare valore reale agli agricoltori.
Quali cambiamenti immaginate nell’esperienza dell’agricoltore grazie all’interoperabilità prevista dal Data Act?
Ci aspettiamo finalmente una svolta concreta: non solo raccolta dati, ma interpretazione e applicazione pratica. Oggi l’agricoltore non manca di dati, ma di strumenti e supporti per tradurli in decisioni operative. È difficile pensare che un imprenditore agricolo possa avere tempo, competenze e strumenti per analizzare da sé tutte queste informazioni.
Il mercato chiede figure capaci di lavorare sui dati in background, restituendo istruzioni chiare, concrete e personalizzate su cosa fare in campo: ad esempio, pratiche agronomiche, scelte varietali o strategie colturali. In questo modo, l’agricoltore potrà finalmente percepire un vantaggio diretto e tangibile, che lo spingerà ad adottare queste soluzioni per vera convenienza, non per obbligo.