Maxi carico di grano canadese sbarcato in Sicilia, la solita beffa di mezza estate

Un vero e proprio affronto nei confronti dei coltivatori italiani che puntualmente si ripete ogni estate. Sulla nave Ocean Castle approdata al porto di Pozzallo in Sicilia nel corso del mese di luglio, è arrivato un carico di grano canadese che secondo autorevoli fonti ammonterebbe a 19mila tonnellate, destinato alla produzione di pasta e in generale di farine per la nostra industria agroalimentare.

Secondo i portavoce degli industriali, tali importazioni sono necessarie per innalzare il tasso proteico delle produzioni. Per altri, è un attacco al Made in Italy frutto degli accordi commerciali internazionali. Tra le file di questo secondo fronte si sono schierati Coldiretti e Movimento 5 Stelle, che puntano il dito contro il Ceta, l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada entrato in vigore, in via provvisoria, nel 2019.

Grano canadese, si riaccende la battaglia anche a livello politico

“Da quando è partito l’accordo – attacca Coldiretti – la quantità di grano importato dal Canada è aumentata di sette volte. Il balzo delle importazioni arriva proprio al termine della stagione di trebbiatura del grano italiano. Un lavoro che rischia di essere vanificato – sottolinea l’organizzazione – dalla concorrenza sleale delle importazioni dall’estero di prodotti che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese come il grano duro canadese trattato con l’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale”.

Sulla stessa linea il M5s, che insieme alla Lega aveva annunciato il voto contrario dell’Italia al Ceta. Voto per adesso rinviato: “Stiamo valutando gli effetti dell’accordo commerciale sulle nostre imprese e per adesso i primi risultati sono positivi”, aveva spiegato qualche mese fa il Ministro dell’Agricoltura, in quota Carroccio, Gianmarco Centinaio.

Coldiretti però non la pensa esattamente come il Ministro dell’Agricoltura: “Questa situazione – denuncia – mette in pericolo la vita di oltre trecentomila aziende agricole che coltivano grano spesso in aree interne senza alternative produttive e per questo a rischio desertificazione. Alla perdita economica e di posti di lavoro si aggiunge il rischio ambientale in un Paese che con l’ultima generazione ha perso oltre un quarto della terra coltivata per colpa dell’abbandono, della cementificazione e delle speculazioni che sottopagano i prodotti agricoli”, conclude l’organizzazione agricola.

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