Agricoltori italiani tra i più anziani d’Europa. E il ricambio generazionale è al palo
L'età media degli imprenditori agricoli italiani è compresa tra i 60 e i 63 anni. Solo il 7.5% ha meno di 35 anni. E le scelte sugli investimenti slittano
Il ricambio generazionale nell’agricoltura italiana si trova in un limbo da cui sembra estremamente complicato uscire. In un settore in cui a tenere ancora saldamente le redine della maggior parte delle imprese sono persone con più di 60 anni d’età. Si tratta di agricoltori che, tuttavia, non hanno le competenze tecnologiche delle generazione che li precede. A cui, purtroppo, mancano i capitali per poter investire. A testimoniarlo, nero su bianco, numerosi report effettuati da istituti statistici e sigle di categoria. Come ISMEA, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare.
La sigla, nel ‘Rapporto giovani e agricoltura’ del 2024, ha certificato infatti che in Italia solo il 7,5 % degli imprenditori ha meno di 35 anni. Le aziende di questi giovani agricoltori, però, concorrono al 15% dell’economia del settore. E questo avviene in un Paese, come sottolineato da ISMEA, che è il più vecchio d’Europa, con un rapporto tra giovanissimi e anziani inferiore del 20% rispetto alla media comunitaria (53% vs 71% della UE). E la situazione non migliora per gli under 40 che, secondo Pianeta PSR sono circa il 9,3% del totale.
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In Italia, tra l’altro, circa il 31% degli agricoltori ha più di 65 anni (Eurostat/RRN), con l’età media nazionale degli imprenditori agricoli compresa tra i 60 e 63 anni. Numeri che, combinati alle dinamiche demografiche del nostro Paese (tra le più stagnanti al mondo, anche in fatto di nascite), condizionano proprio le prospettive di ricambio generazionale di cui si parlava in apertura.
In sostanza, coloro che hanno maggiore capacità innovativa (ovvero gli under 40) poiché formatisi proprio per gestire le nuove tecnologie agromeccaniche (dai droni alla robotica, passando per i software gestionali di nuova concezione), non hanno i redditi e i capitali da investire. Con conseguenze che si ripercuotono anche sul rinnovamento del comparto, con gli investimenti in tecnologie e macchinari 4.0 che non riescono a stare al passo coi tempi.
Gli strascichi, tra l’altro, potrebbero ripercuotersi anche sulle strategie di comunicazione dei brand del mondo agromeccanico, che si troverebbero quindi a ‘parlare’ a un target di riferimento che, poi, non ha effettivamente il potere d’acquisto. E, senza interventi strutturali da parte delle istituzioni volti a favorire la formazione e gli investimenti da parte dei giovani agricoltori, il ricambio generazionale potrebbe richiedere addirittura un periodo compreso tra i 20 e 25 anni. Che potrebbe addirittura lievitare, in caso di nuove crisi geopolitiche o economiche globali.
