gasolio agricolo

“L’Italia sconta l’insostenibile costo dell’energia e le arretratezze infrastrutturali. Il carburante nazionale è appesantito più dalle tasse che dallo zolfo. Assurdo pensare di ridurre gli incentivi sul gasolio agricolo, come è stato scritto con buona dose di demagogia nella bozza di decreto legge sul clima”. Il Direttore di Apimai Ravenna e dei Contoterzisti UNCAI dell’Emilia Romagna, Roberto Scozzoli, boccia su tutta la linea la proposta allo studio del governo di eliminare gradualmente gli sgravi fiscali concessi al mondo agricolo per l’acquisto del gasolio.

“Già al netto del fisco il carburante nazionale è tra i più cari d’Europa (0,64 euro/litro contro la media europea di 0,61), con le accise e contributi vari, il gasolio italiano costa quasi 1,492 euro al litro, più che in Francia (1,464), Spagna (1,209) e Germania (1,273) i Paesi con i quali dobbiamo misuraci economicamente. Solo in Islanda, Norvegia e Svezia fare il pieno costa di più, ma qui l’agricoltura ha un peso diverso”.

Agricoltura italiana meno competitiva, come girare il coltello nella piaga

Nel settore agricolo, il costo dell’energia incide, a seconda del tipo di azienda, tra il 12 e il 18 per cento sul valore aggiunto, senza contare una logistica caratterizzata da frammentazione, piccoli appezzamenti, stradine di campagna e dal peso della burocrazia. “È evidente il forte impatto negativo di un aumento, anche graduale, del costo del gasolio agricolo. Il divario di prezzo dell’energia rispetto agli altri Paesi aumenterebbe ulteriormente con conseguenza perdita di competitività dell’Italia e minore capacità di remunerare i fattori produttivi”.

Nessun audit energetico giustificherebbe la proposta di ridurre gli sgravi fiscali al carburante: “Il settore agricolo necessita, piuttosto, l’attivazione di un ampio programma di efficientamento energetico. Siamo consapevoli che sia necessario ridurre i costi energetici e migliorare le performance economiche e ambientali a lungo termine. Ma toccare il gasolio agricolo agevolato senza alternative reali è una inutile forzatura che danneggerebbe tutti”.

Al momento non c’è alternativa, per il biometano ci vuole tempo

In assenza di soluzioni tecnologiche alternative al gasolio e alle attuali motorizzazioni, aumenterebbe tutto, dalle tariffe di lavorazione dei terreni (più 30 per cibo) al cibo. “Forse si ridurrebbero solo gli affitti e il costo della terra, ma si scoraggerebbero comunque gli investimenti in macchinari più rispettosi dell’ambiente e si danneggerebbe lo sviluppo della nascente filiera del biometano, che necessita ancora di diversi anni di sviluppo“. Inoltre, diversamente dall’industria, l’agricoltura italiana non può delocalizzare la produzione come risposta a costi energetici insostenibili.

“Oltre una certa soglia i prezzi al consumatore non si possono spingere. E allora si smetterà di produrre. Per prime saranno lasciate a loro stesse le zone marginali, quindi la cerealicoltura subirà il colpo di grazia, vista la marginalità già ridottissima. Temiamo che una stretta sui carburanti agricoli agevolati andrà solo ad aumentare gli effetti negativi (e speculativi) generati dai regimi incentivanti particolarmente vantaggiosi verso alcune tecnologie ancora immature (biocombustibili, agricoltura urbana, idroponica) o non adatte a ottimizzare le risorse aziendali (fotovoltaico, eolico) che, quindi, non possono costituire la base sulla quale incentrare l’evoluzione sostenibile della pratica agricola”.

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