L’outsider per eccellenza tra i finalisti del Tractor of the year 2023 era sicuramente il turco Basak 5120 in lizza per il premio Best Utility. Non tanto per il Paese di provenienza, molti modelli dei più blasonati marchi sono infatti realizzati proprio in Turchia, quanto piuttosto per il brand sicuramente poco conosciuto alle nostre latitudini e per l’allestimento decisamente premium che strizza l’occhio ai mercati occidentali.

Le origini di Basak Tractor risalgono ai primi anni del secolo scorso con la produzione di attrezzature agricole, mentre la realizzazione di trattori ebbe inizio negli anni 60 con un accordo di licenza Ford e successivamente (dalla seconda metà degli anni 70) impiegando il marchio Steyr, per poi arrivare a fabbricare i propri mezzi nel 1996. Nel 2012 l’azienda è entrata nell’orbita del gruppo Sanko Holding, una delle principali realtà industriali turche attivo in dodici aree di business di proprietà della famiglia Konukoğlu, con l’obiettivo di far breccia nel mercato europeo. Lo stabilimento, situato nella città di Sakarya su un’area coperta di 40.000 metri quadrati, ha una capacità produttiva di 30.000 trattori all’anno.

Basak 5120, al vaglio del TOTY

E proprio a Sakarya ci siamo recati con la giuria del Tractor of the Year per valutare le potenzialità del nuovo alfiere turco. Con i suoi 120 cavalli di potenza e un peso a vuoto di 5.200 chili, il Basak 5120 si piazza a pieno titolo nella fascia degli utility, quei trattori chiamati a svolgere mansioni a 360 gradi in azienda, dal trasporto, alla movimentazione con caricatore, alle operazioni leggere in campo aperto. In questa categoria il mercato europeo si sta spostando verso macchine caratterizzate da un buon bagaglio tecnologico, nonché confortevoli, versatili e dotate di un look all’avanguardia.

Design moderno che sicuramente non manca al 5120 così come la componentistica di prestigio, a partire dal 4 cilindri Deutz, per arrivare alla powertrain ZF e all’idraulica Bosch Rexroth. Le linee sono armoniche e dal sapore sportivo e ben si abbinano col rosso vivo del cofano e gli inserti luci a occhi di gatto in stile Fendt. Lo stesso dicasi per la cabina tutto vetro a quattro montanti, ben dimensionata e dotata di botola trasparente assai utile con caricatore frontale. Il propulsore in dotazione all’aziendale turco è il TCD 3.6 da 3,6 litri emissionato Stage V grazie al post trattamento dei gas di scarico, abbinato all’Egr e al modulo Doc/Dpf sotto al cofano. Un’unità assai collaudata in ambito agricolo in grado di erogare i 120 cavalli di potenza massima a 2.000 giri, con il picco di coppia di 480 Nm a 1.600 giri e una risalita del 29 per cento.

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La trasmissione: nulla da invidiare ai marchi europei

Se il motore è dunque allineato a quanto offerto dalla più quotata concorrenza lo stesso vale per il powershift robotizzato made in ZF. Il gruppo si basa su quattro gamme sincronizzate e quattro marce sotto carico più il super riduttore per un totale di 32 rapporti in entrambi i sensi. Come accennato in precedenza il cambio delle marce in powershift può essere automatizzato in modalità Eco e Power, mentre per variare le gamme è previsto il comodo declutch a pulsante in alternativa al pedale della frizione.

Tutti i comandi della trasmissione sono raggruppati nel joystick multifunzione che comprende anche i tasti per selezionare le due memorie giri motore, l’alza/abbassa del sollevatore e gli azionamenti di due distributori idraulici. Il design della leva è piuttosto ergonomico anche se mancano i codici colore dei comandi, fatta eccezione per l’arancione della trasmissione. Di serie l’inserimento automatico della doppia trazione, il bloccaggio differenziale meccanico al 100 per cento sul posteriore e il limited slip sull’anteriore. Nulla di avveniristico ma comunque una driveline solida, proporzionata e affidabile, sicuramente paragonabile a quanto offerto su molti utility alle nostre latitudini.

Risulta invece un po’ basica l’offerta a livello di assale anteriore. La scelta in questo caso è limitata al solo ponte rigido senza freni che di fatto pregiudica parecchio il comfort nonostante siano disponibili in optional le sospensioni meccaniche della cabina. Si torna invece a far sul serio con l’idraulica con una pompa indipendente dal 38,6 litri al minuto di portata per lo anasterzo e il circuito servizi a centro chiuso Load Sensing da 100 litri al minuto con serbatoio separato dell’olio per il sollevatore e i distributori. Questi ultimi sono disponibili fino a un massimo di cinque a doppio effetto (due ad azionamento elettroidraulico e tre meccanici) di cui quattro posteriori e uno anteriore.

Il sollevatore a comando elettronico ha una capacità massima di 5.450 chili, in optional anche quello anteriore da 2.200 chili e il caricatore frontale con joystick dedicato sul bracciolo del sedile di guida. In dotazione standard la sola Pto posteriore a inserimento elettronico da 540 giri al minuto con la possibilità di richiedere i regimi 540E, 1.000 e 1.000E oltre alla presa di forza anteriore da 1.000 giri. Come già accennato la cabina è sicuramente uno dei punti di forza del Basak 5120. La struttura a quattro montanti assicura un’ottima visuale a 360 gradi e lo spazio in abbondanza permette una comoda seduta anche per il passeggero.

Bene anche la consolle laterale sul passaruota destro con tutti i comandi ben identificabili e disposti ergonomicamente. Così come chiara e funzionale è la strumentazione realizzata dall’italiana MTA con indicatori analogici e display centrale TFT a colori da 4,3 pollici con ingresso video collegabile a un’eventuale telecamera installata sul trattore. Completano l’equipaggiamento il sedile a sospensione pneumatica, il volante regolabile in altezza e inclinazione e il climatizzatore automatico con otto bocchette orientabili su tetto. In optional l’Isobus per il controllo delle attrezzature e il sistema di guida automatica (ricevitore, monitor e volante) made in Trimble.

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