A più di un mese dallo scoppio della drammatica guerra in Ucraina lo scorso 24 febbraio, l’onda lunga degli effetti che si è riversata sul tessuto economico italiano e, in particolar modo su quello agricolo, continua a farsi sentire con particolare veemenza. A testimoniarlo arrivano i dati Crea, rilasciata e commentati dalla Coldiretti, in riferimento agli effetti del conflitto in Est Europa dopo la crisi generata dalla pandemia Covid.

Stando a quanto emerso, sono quasi centomila le aziende agricole italiane che rischiano di fermare l’attività a causa dell’esplosione dei costi di produzione che superano di gran lunga quanto pagato agli agricoltori e agli allevatori per i loro prodotti, dal latte alla frutta, dalla carne alla verdura, riducendo l’autonomia alimentare del Paese e la sua capacità di rispondere a shock di approvvigionamento generati dalle tensioni internazionali.

Coldiretti, per l’agricoltura italiana un quadro a tinte fosche

In pratica più di un’azienda agricola su dieci (11%) è dunque in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo con un impatto non solo sul fronte produttivo, ma anche su quello occupazionale, ambientale, della biodiversità e della gestione dei territori, spiega Coldiretti secondo lo studio Crea.

Dall’energia ai concimi, dal foraggio per gli animali alle sementi, dal gasolio alle piantine la prima linea de rincari sulla quale stanno combattendo le aziende agricole si allunga sempre di più – evidenzia Coldiretti – con aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15.700 euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli, secondo lo studio del Crea.

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Difficoltà su tutta la linea, dai cereali al latte

Ad essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali di costi correnti – continua la Coldiretti – sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato. In difficoltà serre e vivai per la produzione di piante, fiori, ma anche verdura e ortaggi seguiti dalle stalle da latte. Uno scenario drammatico che – spiega Coldiretti – colpisce in modo devastante tutta la Penisola con maggiori difficoltà nelle regioni del nord, in particolare Lombardia ed Emilia Romagna, lungo il bacino del Po dove si produce 1/3 di tutto l’agroalimentare Made in Italy.

Il taglio dei raccolti causato dall’incremento dei costi – sottolinea Coldiretti – rischia, di aumentare la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari con l’Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale, senza dimenticare che con i raccolti nazionali di mais e soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, si copre rispettivamente appena il 53% e il 27% del fabbisogno italiano secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.

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Il commento di Coldiretti

A causa delle mutate abitudini di acquisto di numerose industrie, che hanno preferito reperire le materie prime sul mercato mondiale piuttosto che su quello italiano portando alla drastica riduzione dei campi coltivati, oggi per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori. Ma se si considerano i soli prodotti trasformati, la remunerazione nelle campagne scende in media addirittura ad appena 6 centesimi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea. Ad esempio dal grano al pane il prezzo aumenta oggi di ben 13 volte.

“Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi immediati per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “ occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali”. Ma – conclude Prandini – occorre investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici.

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