“Fuuuuuuuul pull”, urla nel potente megafono lo speaker in un tripudio generale di folla, polvere, baccano infernale e nuvole di fumo dense come la pece. Era il percorso netto, ovvero i cento metri della pista coperti interamente che consentono il passaggio del turno e che si concludono con un’impressionante inchiodata ai piedi della tribuna vip. Le regole erano (e sono) semplici: due tentavi per fare full pull, altrimenti a casa subito. Per chi ce la fa c’era invece la finale (denominata pull off) e, a quel punto, la slitta zavorrata, caricata al massimo, non dava tregua ai bolidi, facendoli impennare come cavalli imbizzarriti già a metà strada per poi inchiodali impietosamente, in alcuni casi, ben lontano dai fatidici cento metri.

Ma poco importa, in finale vince chi fa più strada e pochi centimetri, sofferti come gli ultimi chilometri dei maratoneti, possono valere la gloria. Soprattutto se ci si sta giocando la finale del campionato europeo di tractor pulling, come era successo il 7 e l’8 settembre 2002 a Bakel, in Olanda, dove la redazione di Trattori era presente. Una due giorni decisamente incandescente, che aveva visto i vari campioni nazionali sfidarsi a suon di cavalli. Davanti a un pubblico accorso in massa per sostenere i suoi beniamini. La tensione ai paddock era palpabile, con i meccanici dei vari team indaffarati nella difficile messa a punto dei propulsori. Regolazioni che, viste le mandrie di cavalli da domare, sono alla base del successo.

Tractor pulling, macchine fuori misura per una gara tra genio e follia

Oltretutto, i dimensionamenti meccanici spesso fatti praticamente “a occhio” e i cedimenti anche clamorosi, erano tutt’altro che un’eccezione. Ma faceva tutto parte dello show. E chi arrivava in fondo col motore in fiamme aveva diritto a una doppia razione di applausi. D’altronde in termini di spettacolarità una gara di tractor pulling può accontentare anche gli spettatori più esigenti. Specie quando toccava ai prototipi della serie “Modified” veri e propri dragster motorizzati con tre o quattro propulsori. O, addirittura, spinti da turbine di elicotteri e aerei, con potenze complessive che si attestano nelle migliaia di cavalli.

Per esempio il team tedesco Green Fighter, allora campione nella categoria da 4,5 ton, montava tre motori aereo Allison V 1710 a 12 cilindri, 27 litri di cubatura e 48 valvole ciascuno, per un totale di 7 mila cavalli che “ciucciavano” la bellezza di 50 litri di metanolo a gare (10 secondi a dir tanto). Alle sue spalle, c’era il danese Fox Junior, mosso da 4 motori Oldsmobile V8 e un Donovan V8, che equivalevano a 46.120 centimetri cubi (!) di cilindrata e 7.320 cavalli. Risultato: un fracasso inimmaginabile che ha reso i tappi per le orecchie gli articoli più preziosi venduti a tutto il villaggio corse. Perché proprio di villaggio si poteva parlare, con pista, podio e tribune al centro e tutt’attorno un dedalo di chioschi, tendoni e minishop dove si potevano reperire gadget di ogni tipo, sempre inerenti al tractor pulling.

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