Sempre più settori agroalimentari, a causa del conflitto che da più di due mesi infiamma l’Ucraina, stanno subendo pesanti conseguenze dagli aumenti di prezzo e dalla diminuzione della disponibilità delle principali commodities agricole, tra cui spiccano cereali, fertilizzanti e semi oleosi (con i relativi derivati). Difficoltà acuite, oltre che dal conflitto tra Russia e Ucraina, anche dalle scelte protezionistiche messe in campo dalle nazioni in ogni angolo del globo. L’ultima in ordine di tempo ad aver preso decisioni simili è l’Indonesia che, a partire dal 28 aprile, bloccherà le esportazioni di olio di palma, di cui è il primo produttore mondiale. Confagricoltura avverte che il blocco indonesiano, deciso per contrastare l’aumento dei prezzi sul mercato interno che ha superato il 40% dall’inizio dell’anno, ha fatto schizzare alle stelle il prezzo dell’olio di soia in tutto il mondo, facendo raggiungere il massimo storico mai registrato dalla borsa di Chicago, il più importante ente al mondo che regola il prezzo dei prodotti agricoli.

Potrebbe interessarti

Confagricoltura avverte: in Italia il prezzo di olio di girasole passato da 1,46 a 2,87 euro a chilogrammo in 12 mesi

Va ricordato – sottolinea il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – che sono bloccate le esportazioni di olio di girasole dell’Ucraina e su quelle della Federazione Russa si applica da aprile una tassa del 20 per cento”. In Italia, stando ai dati dell’ISMEA, il prezzo dell’olio di girasole raffinato negli ultimi dodici mesi è passato da 1,46 a 2,87 euro a chilogrammo. “Il risultato è che in alcuni Stati membri e nel Regno Unito le insegne della grande distribuzione hanno deciso di limitare gli acquisti giornalieri di tutti gli olii vegetali”.

“Il rischio di una crisi alimentare a causa del conflitto in Ucraina è stato richiamato anche dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, in occasione delle recenti riunioni al Fondo monetario internazionale”, evidenzia Giansanti. “Il governatore ha anche segnalato la necessità di un intervento degli organismi internazionali a supporto dei Paesi meno avanzati e in via di sviluppo che sono localizzati in Africa e in Asia Centrale”. “Anche l’Unione europea deve fare la propria parte – segnala il presidente di Confagricoltura -. In primo luogo, va prorogata la facoltà concessa quest’anno di coltivare negli Stati membri i terreni a riposo produttivo che ammontano a circa 4 milioni di ettari”.

“Per frenare l’inflazione alimentare, contrastare l’eccezionale aumento dei costi di produzione e contribuire alla stabilità dei mercati internazionali – continua – è indispensabile aumentare i raccolti europei di cereali e semi oleosi. “Va anche definito quanto prima – conclude Giansanti – un Piano olivicolo nazionale. L’Italia può e deve riconquistare una posizione di primo piano per la produzione di olio d’oliva”.

In primo piano

Articoli correlati