Non sarà forse il più stiloso, anzi la linea seppur moderna fa un po’ a pugni col concetto di bello (ma si trattava pur sempre di gusti) e neanche il più tecnologico, visto che la versione CVT da a400 cavalli (T8.420 Auto-command) deve ancora entrare a listino, ma il New Holland T8.390 si faceva voler bene quando c’era da far fatica. Dote quest’ultima che era forse la più importante per un trattore indirizzato soprattutto ai contoterzisti e quindi incaricato di macinare ore e ore a più non posso su strada e in campo con rese elevate e fermi macchina ridotti al minimo.

Il 390 è l’attuale modello di punta della gamma T8, una serie che concettualmente prende le distanza dalla precedente gamme New Holland, la 70 A del 2000, la TG del 2003 e la T8000 del 2006. Se infatti l’occasione del rinnovamento è stata fornita dal passaggio allo Stage III B, sulle emissioni in casa New Holland sono andati ben oltre un semplice cambio di motore, ridisegnando completamente la fisionomia del veicolo che aveva guadagnato parecchio soprattutto in trazione e capacità di tiro

New Holland T8.390, la meccanica. Per lo Stage IIIB FPT subentrò a Cummins con il 6 cilindri Cursor 9 dotato di SCR

Già a una prima occhiata si capiva subito che rispetto ai precedenti trattori di fascia alta molto era cambiato. Il cofano, rispetto ai T8000 era decisamente più lungo e imponente, ma a impressionare era soprattutto la distanza tra i due assi, ovvero il passo. Si parlava di qualcosa come 3.459 mm, 372 in più dei predecessori e 400 se andiamo a confrontarlo con i più blasonati competitor, Fendt e John Deere. Lo scopo di tale configurazione era evidente, ovvero guadagnare stabilità nei trasporti e nei trasferimenti ma soprattutto in campo nelle lavorazioni pesanti fuorisolco, che poi erano le mansioni principali di questa tipologia di trattori.

Il diametro di sterzo del New Holland T8.390 corrispondeva a 13.500 millimetri, sicuramente superiore a quello dei predecessori con Supersteer, ma pienamente in linea se non migliore di quello dei principali concorrenti. Tale risultato era stato raggiunto grazie a un angolo di sterzo di 55 gradi, ottenibile anche in carreggiate medio-strette per mezzo della sagomatura scavata di cofano e supporto dell’assale anteriore.

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Sotto il nasone blu ribaltabile del New Holland T8.390 c’era un’altra delle principali new entry, ovvero l’FPT Cursor 9 con SCR che ruba il posto al classico propulsore di derivazione Cummins in dote ai T8000. Alla pulizia delle emissioni ci pensava dunque il post trattamento dei gas di scarico con soluzione di urea che consentiva l’abbattimento degli ossidi d’azoto solo prima del loro rilascio. Per il resto il sei cilindri da 8,7 litri presentava tutti i requisiti per garantire prestazioni di alto livello. Dalle quattro valvole per cilindro al sistema di iniezione elettronica Common Rail ad alta pressione. Tarato a 340 cavalli al regime nominale di 2.000 giri, vantava una potenza massima di 373 cavalli a 1.800 giri (che potevano diventare 389 grazie all’utilizo dell’EPM).

Il full powershift New Holland era praticamente esente da critiche e offriva tre configurazioni: 18 + 4, 19 + 4, 19 + 4 con marcia veloce economica (la versione testata) e 23 + 6 con super riduttore. Gli inserimento erano sempre docili e precisi, accompagnati da numerosi utili automatismi tra cui GSM (Ground Speed Management) che permetteva do mantenere costante la velocità avanzamento indipendentemente dalla variazioni di carico o di pendenza. L’operatore dovrà soltanto scegliere la velocità più indicata e sarà il powershift a variare autonomamente marcia dialogando con il motore alla stregua di un traduttore con trasmissione continua, al fine di ottimizzare prestazioni e consumi.

Per chi invece preferiva cambiare i rapporti manualmente basta premere i pulsanti posti sulla leva multifunzione che ospita anche quello dell’inversore duplicato nel comando al volante. Quest’ultimo poteva essere programmato per gestire automaticamente i cambi di marcia durante le inversioni, in modo da uniformare la velocità in avanti con quella in retro o di modificarle entrambe. Sul monitor Intelliview III di serie erano comunque visualizzabili tutti i parametri relativi al cambio.

Tra le funzioni disponibili c’era anche la gestione dell’assale Terraglide, il sistema Terralock per la gestione automatica della doppia trazione e del bloccaggio differenziale, il dispositivo HTS che sovrintende gli automatismi di fine campo, l’inserimento/disinserimento automatico della presa di forza. La sensazione su strada era di completo controllo, grazie anche al buon funzionamento della sospensione e all’interasse generoso che, come già affermato, migliorava notevolmente la stabilità. Per quanto riguardava l’idraulica, invece, i sollevatori e i sei distributori elettronici erano attivati da una pompa a centro chiuso da 161 litri montata di serie, con la possibilità, su richiesta di montare la pompa Megaflow da 27 l al minuto.

La cabina. Spaziosa, comoda e allegra. Ottima la visibilità, super il comfort offerto dal sedile

Entrare nell’abitacolo del T8.390 era (e resta) un vero piacere, specie nei torridi giorni estivi. Il climatizzatore automatico funzionava infatti alla perfezione coadiuvato dalle numerose bocchette piazzate ai lati dello sterzo. Le dimensioni sono inoltre abbondanti al punto da consentire una presenza di un secondo sedile imbottito per il passeggero. I comandi principali sono piazzati nella console di destra, denominata SideWinder II, che comprendeva di serie anche il monitor touch screen compatibile col sistema di guida automatico. Il comfort era dunque ottimo grazie anche al sedile AutoComfort, in pelle, che si regolava automaticamente in base alla corporatura del conducente e alla frequenza dei sobbalzi. Impeccabile anche l’insonorizzazione con un valore massimo registrato a regime nominale 67.8 decibel.

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