“Se la guerra non finisce presto in Ucraina le semine primaverili saranno praticamente dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti all’invasione della Russia, con carestie e speculazioni su scala mondiale”. Dopo i proclami di ONU e Stati Uniti, anche la Coldiretti ha ribadito la drammaticità del momento storico, in seguito all’avvio dei colloqui di pace in Turchia iniziati martedì 29 marzo 2022 dai quali dipendono anche le disponibilità alimentari in Medio Oriente e in Africa legate ai raccolti di cereali in Ucraina. Colloqui che, stando alle indiscrezioni, non avrebbero ancora portato a nessuna svolta, con i bombardamenti che proseguono incessantemente sulla maggior parte delle città ucraine.

Crisi Ucraina, mentre diminuisce la disponibilità di coltivazioni torna il protezionismo

Le semine di mais – sottolinea la Coldiretti – potrebbero ridursi da 5,4 milioni di ettari a 3,3 milioni di ettari mentre la raccolta del grano potrebbe essere possibile solo su 4 milioni di ettari dei 6,5 seminati in inverno, con un grave deficit sull’offerta mondiale. Si tratta di un taglio significativo anche alla luce delle difficoltà del commercio internazionale di materie prime agricole in una situazione in cui molti Paesi stanno adottato misure protezionistiche con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi di grano con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, per il 16 % sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e per il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate) per la produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili da parte dell’industria alimentare, oltre che per le fritture, secondo il centro studi Divulga.

Gli effetti sull’Italia

Dall’Ucraina in Italia arriva appena il 2,7% delle importazioni di grano tenero per la panificazione per un totale di 122 milioni di chili ma anche ben il 15% delle importazioni di mais destinato all’alimentazione degli animali per un totale di 785 milioni di chili, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al 2021. L’Italia – precisa la Coldiretti – importa circa la metà del mais di cui ha bisogno. A preoccupare sono le speculazioni che si spostano dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto.

Crisi Ucraina, rischio carestie nel mondo

Infine, come già sottolineato dall’Onu, anche la Coldiretti è tornata sulla questione della speculazione sulla fame, che nei Paesi più ricchi provoca inflazione e povertà ma anche gravi carestie e rivolte nei Paesi meno sviluppati come emerge dall’analisi del Center for Global Development Usa secondo il quale le quotazioni potrebbero spingere più di 40 milioni di persone in tutto il mondo in una “povertà estrema”.

I prezzi del grano si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina. Non è un caso che la Tunisia – conclude la Coldiretti – abbia pubblicato in gazzetta Ufficiale un decreto presidenziale relativo alla lotta alla speculazione per colpire operazioni di deposito o occultamento di beni e merci con l’obiettivo di creare una penuria o turbativa del mercato.

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